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"ARTEMISIA GENTILESCHI"

DESCRIZIONE DELLA MOSTRA
ARTEMISIA GENTILESCHI
(tratta dalla recensione de “La Repubblica")
 
Un universo femminile popolato di monumentali figure di madonne con bambino o di divinità pagane, di nobildonne e di fantesche, di sante dallo sguardo estatico e di fiere vendicatrici bibliche è al centro dell'esposizione intitolata "Artemisia Gentileschi e il suo tempo", ospitata fino al 7 maggio 2017 al Museo di Roma, presso Palazzo Braschi. La mostra si propone come una rievocazione non solo del percorso artistico della pittrice ma anche della sua avventura umana. Perché, se ci sono veramente pochi artisti dei quali è possibile dire che abbiano avuto, in vita, vicende intense e appassionanti quanto la loro arte, tra loro c'è, senz'ombra di dubbio, Artemisia. Al punto che è sempre dietro l'angolo il rischio che i particolari romanzati della sua biografia offuschino la memoria del suo talento creativo. Un talento solo in parte ereditato dal padre Orazio, ma poi sostenuto e alimentato grazie a un temperamento fuori dal comune, che l'aiutò a emergere in un mondo prettamente maschile come quello della pittura, e grazie all'ambizione e alla curiosità vivida e instancabile per tutto ciò che le accadeva intorno. E non era poco quel che accadeva, dal momento che era venuta alla luce a Roma nel 1593, in un periodo di grande fermento e di grande rinnovamento edilizio per la città. Soprattutto era il tempo in cui si andava affermando lo stile rivoluzionario di Caravaggio. La pittrice, grazie alle capacità innate e allo studio tenace, riuscì a reinterpretarne in maniera autonoma il linguaggio drammatico e potente, sapientemente bilanciato tra realismo e teatralità. Ma non è solo questo ad avvicinare i due artisti, che si somigliano straordinariamente anche per la sorte avversa che segnò profondamente e molto presto la loro esistenza. Venuta su senza madre, all'ombra di un padre padrone, Artemisia visse a diciotto anni il dramma dello stupro. Il colpevole, Agostino Tassi, paesaggista e scenografo, al quale la ragazza era stata affidata perché perfezionasse la tecnica della prospettiva, fu denunciato. Per paradosso, però, fu la vittima a subire le pene peggiori: insinuazioni infamanti, interrogatori sotto tortura e pubblico ludibrio. Alla fine di un tormentato processo, Tassi fu condannato all'esilio ma anche Artemisia fu costretta ad abbandonare Roma per lasciarsi alle spalle il disonore attraverso un matrimonio combinato in fretta con lo squattrinato artista fiorentino Pierantonio Stiattesi. Il destino le riservava ancora dolori con la morte prematura di tre dei suoi quattro figli e un amore clandestino e infelice. Ma anche estimatori illustri della sua arte, come Galileo Galilei, Michelangelo il giovane e Carlo I d'Inghilterra, e grandi successi vissuti tra Roma, Firenze e Napoli, dove morì nel 1653, e nei brevi ma operosi soggiorni a Venezia e Londra. La mostra che racconta di questi successi è stata ideata da Nicola Spinosa, che è anche il curatore della sezione napoletana, insieme a Francesca Baldassari e Judith Mann, che si sono occupate, rispettivamente, della sezione fiorentina e di quella romana, e segue un andamento cronologico pressoché privo di lacune, grazie a prestiti provenienti da diversi musei internazionali. In tutto in esposizione ci sono novantacinque dipinti che, insieme a due filmati, illustrano l'opera della pittrice mettendola a confronto con quella di artisti coevi. Tra questi, oltre naturalmente a Orazio Gentileschi, anche Massimo Stanzione, verosimilmente il più affine, per stile, ad Artemisia, e Simon Vouet, autore di un suo ritratto. Non che il volto dell'artista sia poco noto: lo conosciamo attraverso un paio di autoritratti ma anche attraverso i lineamenti delle protagoniste dei suoi dipinti, anche di quelle delle scene più cupe e violente. Secondo una lettura in chiave psicologica di alcune tele, da Giuditta che decapita Oloferne a Giaele e Sisara, è probabile che l'artista abbia voluto vendicare con l'arte il dolore per le violenze patite in quanto donna. E ritorna l'ombra di un pericoloso cliché, quello che ammanta la sua figura di retorica al femminile. Ma Artemisia, proprio come Caravaggio, cadde dopo la morte in un lunghissimo oblio. Li rivalutò, intorno al 1950, il grande Roberto Longhi, ma non fossero stati gli anni Settanta a farli assurgere uno a simbolo delle lotte di classe, l’altra a icona delle rivendicazioni femministe, forse oggi non sarebbero tanto amati.

PROGRAMMA
Partenza da Arezzo Piazza Guido Monaco ore 06.45. Via Erbosa ore 06.50.
Possibilità di salita ai caselli autostradali su richiesta. L’itinerario odierno sarà condotto dal Prof Michele Tocchi, che ci accompagnerà per tutta la giornata.  Arrivo a Roma, ingresso da noi prenotato alla Mostra “Artemisia Gentileschi ed il suo tempo”.
Terminata la mostra, tempo libero a disposizione per pausa pranzo libera.
Ore 14: chi desidera, può aggregarsi al gruppo: faremo una passeggiata per ammirare alcuni capolavori di Caravaggio: la chiesa di Sant’Agostino (con la Madonna dei Pellegrini), la chiesa di San Luigi dei Francesi (con la Vocazione di San Matteo, San Matteo e l’angelo, il Martirio di San Matteo) ed, eventualmente, la Chiesa di Santa Maria del Popolo con la Conversione di Saulo  e la Crocefissione di Pietro.
Ore 17 ritrovo per rientro alla volta di Arezzo
€55
Acconto €20. Minimo 35 iscritti. Pullman – materiale illustrativo personalizzato in guida cartacea – le spiegazioni del Prof Michele Tocchi – ingresso riservato al nostro gruppo alla Mostra Artemisia Gentileschi presso palazzo Braschi. 

 

Data Responsabile Prezzo
Il 29 April 2017 Marco Fabbrini 057522476 e 3497866062 55,00